Dalle gag su Ruby all'inno di Mameli
Il ciclone Benigni si muove tra storia e attualità, senza rinunciare alla satira politica. L'attore toscano premio Oscar entra in scena alle 22.25 e tiene banco per 40 minuti. "Sono qui solo per parlare dell'inno di Mameli e dell'unità d'Italia", è il tormentone che ripete sul palco dell'Ariston, ma non si fa sfuggire l'occasione di una serie di gag sul caso Ruby.
Benigni sorprende tutti con un ingresso a cavallo, alla garibaldina. L'attore entra all'Ariston dal fondo della platea su un cavallo bianco, imbracciando una bandiera tricolore. "Buonasera a tutti e di nuovo viva l'Italia". E subito dopo: "Avevo dei dubbi ad entrare a cavallo perché in questo momento ai cavalieri non gli va tanto bene".
"L'Italia è una minorenne..."
"La nostra nazione ha 150 anni. E' una bambina, una minorenne", scherza ancora.
"Cinquetti si spacciava per la nipote di Claudio Villa"
E poi: "Mameli quando scrisse l'inno aveva vent'anni, quindi era minorenne, perché la maggiore età si raggiungeva a ventuno. Comunque con 'sta storia delle minorenne non se ne può più e la cosa è nata proprio a Sanremo, con la Cinquetti che cantava 'Non ho l'eta' e si spacciava per la nipote di Claudio Villa".
"Ruby rubacuori"
Alla fine pronuncia il nome di "Ruby Rubacuori: vabbè, l'abbiamo detto". E rivolto al premier: "Silvio, se non ti piace, cambia canale, vai sul due: ma no, c'e' Santoro!". Ancora su Ruby: "Abbiamo perso tempo a capire se era la nipote di Mubarak, ma bastava fare una cosa semplicissima, andare all'anagrafe in Egitto e vedere se Mubarak di cognome fa Rubacuori. Ci sono due persone in Italia che telefonano continuamente.. una è qui" dice guardando in platea il direttore generale della Rai Mauro Masi. "Ma pensate alla bolletta... L'unità d'Italia è sacra, pensate a dividere l'Italia in tre. Tre Costituzioni, tre Berlusconi, tre Benigni, tre Sanremi... no, non si può".
Benigni accenna ai grandi patrioti ma subito il discorso torna all'attualità: "Silvio Pellico ha scritto 'Le mie prigioni', un libro bellissimo. Prima di trovare un altro Silvio che scriva un libro così ce ne vuole... L'eroe dei due mondi era Garibaldi non Marchionne. Ha spostato la capitale da Torino a Detroit. Verdi aveva già previsto con 'Va' pensiero' la fuga dei cervelli".
Esegesi dell'inno di Mameli
Poi inizia davvero la sue esegesi dell'inno di Mameli, punteggiata comunque da battute sull'attualità: "L'italia s'è desta. Svegliamoci. Svegliatevi. Dov'e' la Vittoria? Le porga la chioma, ché schiava di Roma, Iddio la creò. Umberto -dice Benigni rivolto idealmente a Bossi - schiava di Roma non è l'Italia, è la vittoria. Umberto, hai capito? Che c'è lì pure tuo figlio Renzo?". Benigni prosegue con la sua analisi storico-filologica dell'Inno: "Stringiamci a coorte/Siam pronti alla morte/L'Italia chiamò", declama e poi sottolinea: "Coorte non è la corte, è la decima parte della legione romana, 600 fanti. Come dire l'unione fa la forza. Come dice Morandi: stiamo uniti".
Standing ovation finale
Finale nel segno dell'emozione. Dopo quasi un'ora di monologo con l'attore che canta a cappella l'inno di Mameli commuovendosi lui stesso sul finale e facendo commuovere gran parte della platea dell'Ariston che si alza in piedi per tributargli una standing ovation.
(fonte tgcom.it)
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